Antonio Biggi - Scultura in bronzo "Allegoria della Tragedia"

Pubblicato da Massimo Sarandrea il 29 Marzo 2015

Antonio Biggi (Carrara, 19 ottobre 1904 – Roma 1966)
"Allegoria della Tragedia"
Scultura in bronzo
1938 circa
Dimensioni: 
h. 43 cm x l. 15 cm x p. 13 cm
Firmato “A. Biggi” sulla base

La scultura è una chiara rappresentazione della figura della tragedia classica, una donna vestita all'antica con un peplo che sostiene nella mano destra una maschera, simbolo del teatro.
L'opera è inquadrabile nella fine degli anni '30 del '900 nel pieno di quella stagione di grande fermento, sia per la ricerca formale, che in alcuni casi ancora indugia sugli apporti delle varie Secessioni e quindi dello stile Decò, sia per l'idealità che la orienta verso un ritorno alla classicità di tradizione. Vi è un approccio con l'antico che è dettato da un afflato di tipo poetico, prossimo al lirismo che scaturisce dall'intima comprensione di un sentire antico, che trascende ogni epoca.
Vi è una evidente ricerca dei canoni classici che si manifesta nella composizione del volto e negli altri elementi compositivi della scultura.

Antonio Biggi studia all'Accademia di Belle Arti di Carrara, poi si trasferisce a Genova; nel 1929 giunge a Roma, chiamato a collaborare alla grande impresa del Foro Mussolini, probabilmente proprio dal presidente dell'Opera Nazionale Balilla, Renato Ricci. Da questa esperienza prenderanno vita le figure di atleti che caratterizzano la produzione del periodo. Nel 1930 vince il concorso Clementino indetto dall'Accademia di San Luca con l'opera Cristo condotto al Calvario. In questo periodo risente molto dell'influsso di Francesco Messina, soprattutto nella fresca naturalezza delle sue figure, che espone in varie rassegne italiane.
Dal 1934 al 1940 il suo punto di riferimento diventa Adolfo Wildt. In realtà, tuttavia la ricerca poetica di Biggi coltiva l'esigenza di sperimentare anche i linguaggi di altri scultori attivi nel periodo, da Marino Marini a Martini a Fazzini a Manzù, ricercando in tutti una comune indole austera, chiusa in se stessa. Nel 1936 alla Biennale di Venezia, espone il gesso Squadrista; nel 1939 partecipa alla III Quadriennale di Roma con il gesso Uomo che mangia. Nel 1949 vince la medaglia d'oro nel concorso per le porte di San Pietro, per le quali esegue dei bassorilievi appena accennati.
A metà degli anni cinquanta è nominato alla cattedra di scultura all'Accademia di Belle Arti di Napoli ed è contemporaneamente professore onorario in quella di Carrara dove diverrà direttore. 
Nel corso degli anni cinquanta uno dei suoi temi preferiti diventano i Cavallini, desunti dalla pittura vascolare greca, filiformi ed evanescenti. Numerose sono le commissioni pubbliche che continua a ricevere, ultime delle quali un Cristo e un Apollo e le Muse del 1961.

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